La distillazione si divide in continua o discontinua, a secondo dell’alambicco utilizzato.
La distillazione discontinua di cui sopra è descritto l’alambicco può compiere una sola distillazione per volta, da cui il termine che lo definisce, poichè quando si esaurisce il liquido bisogna fermare lo strumento e ricaricarlo. Per ottenere un prodotto di qualità si dovrà procedere a due o tre distillazioni, a secondo della materia prima utilizzata, come vedremo nel paragrafo dedicato ai distillati. Il nome dato all’alcol su alcuni testi, descritto come “Quintessenza”, farebbe pensare che, nell’antichità, visti i rudimentali strumenti a disposizione il fermentato e poi la relativa flemma ottenuta dal processo, fossero distillate per “cinque volte” da cui “quinta essenza”.
Nella seconda distillazione il mastro distillatore dovrà controllare tutte le fasi produttive che gli permetteranno di separare le teste e le code, per tenere solo il cuore del distillato.
Anticamente, mancando termometri e rilevatori, l’unico strumento per la separazione delle varie parti del distillato era il naso e l’esperienza del distillatore. La prima sezione di liquido ad evaporare , a temperature inferiori ai 78 gradi, era caratterizzata dai tipici sentori pungenti dell’alcol metilico. La distillazione con i moderni alambicchi non permette di entrare i contatto con l’alcol, in quanto tutto il percorso è sigillato dall’intendenza di finanza. Oggi, così come una volta, il distillatore che lavori con alambicchi discontinui privi di rilevatori a computer, getta via il primo liquido che fuoriesce dall’alambicco. Nel caso della grappa esiste una sorta di “scala” legata alla quantità della vinaccia contenuta nell’alambicco. Su 250 chili di vinaccia è necessario buttare circa un paio di litri di liquido per essere sicuri di non avere del metilico. Le successive analisi dei Nas metteranno il sigillo di qualità al lavoro del distillatore.
Tornando agli alambicchi “aperti” al raggiungimento della temperatura ottimale, si sentiva il tipico pizzicore dell’alcol etilico, mentre sul finire della distillazione le parti oleose del liquido iniziavano a volatizzarsi, donando ai vapori un sentore che ricordava quello dell’oliva spremuta. Quello era il segnale che bisognava fermarsi per non rischiare di compromettere tutto. Gli alcol pesanti sono alquanto sgradevoli, ma ricchi ancora di etilico e profumi, infatti spesso vengono ridistillati. Nel vino le code non sono molte, mentre nei distillati di cereali ne abbiamo in quantità elevata.
L’alcol ottenuto non era sempre di qualità eccelsa, fu per questo che si diffuse l’uso di aromatizzare i distillati con radici ed erbe, spesso dolcificati, così come nel proseguo della loro storia, nasceranno i primi cocktail con zucchero, acqua e limone, per stemperare la ruvidezza e l’alcolicità accentuata dei primi distillati