La distillazione è un processo fisico artificiale scoperto dall’uomo presumibilmente intorno al 500 a.C.
Il processo di distillazione fu spiegato nel suo processo fisico, già nel I° secolo d.C. in maniera empirica da Dioscoride Pedanio, un medico erborista greco che osservò le pozzanghere di acqua piovana asciugarsi al sole. Egli capì che “distillare” era come imitare il sole che evapora l’acqua e ce la restituisce in pioggia. Nonostante questa sua geniale intuizione non perfezionò alcun macchinario per un uso alimentare, ma un elaborò un semplice vaso a punta che chiamò “Ambix”, alla cui sommità condensavano le gocce di vapore, a convalidare la sua ipotesi.
Prima ancora di Discoride, Aristotele, aveva messo a punto un metodo di dissalazione dell’acqua marina, prendendo spunto dal processo non ancora compreso della distillazione.
Mettendo delle pelli di pecora, tese in una sorta di rudimentale ombrello, sopra delle anfore che contenevano acqua di mare si poteva ottenere acqua dolce, sfruttando l’evaporazione della stessa provocata dal sole e la successiva condensazione.
Questo metodo, appreso da Alessandro Magno grazie agli insegnamenti di Aristotele, permise alla sua flotta di battere sempre gli avversari in velocità negli spostamenti strategici sul mare, questo perchè gli altri erano costretti a fermarsi sulla costa per rifornirsi di acqua.
L’area dove essa fu praticata per la prima volta con fermentati alcolici o infusi d’erbe la fanno ricondurre ad un area compresa fra India e Pakistan, mentre vi sono stati alcuni ritrovamenti duranti gli scavi di Tepe Gawra (databili nel 1.500 a.C.) in Mesopotamia, nell’attuale Iraq, dove gli archeologi hanno trovato frammenti che potrebbero ricondurre ai primi alambicchi. Il sapere della distillazione è certificato anche in Cina, dove una cultura più avanzata dell’occidentale aveva già messo a punto un sistema di distillazione usando fermentati di riso e sorgo. Questo sapere è certificato anche da Aristotele, vissuto fra il 384 ed il 322 a.C.. Il sapere passerà poi tramite i commerci alla cultura araba, che per prima creò la matematica e la fisica in grado di spiegare i processi della distillazione.
Circa la scoperta della distillazione c’è una leggenda accreditata da alcune fonti sull’argomento, ma che ovviamente non può essere dimostrata.
Questa narra che la prima distillazione fu realizzata in una notte di inverno, nella regione corrispondente all’odierno Caucaso, area d’origine della moderna viticoltura.
Un contadino mise a scaldare del vino sul fuoco, per preparare una bevanda corroborante, viste le rigide temperature della notte.
I vapori d’ alcol si diffusero nella tenda e furono inalati dal preparatore, il quale rilevato un piacevole pizzicore e senso di ebbrezza, fece un rudimentale tentativo per catturarli. Il nostro primo distillatore probabilmente utilizzò una pelle di pecora, tesa, posta sopra la pentola, che di fatto fece condensare in piccole goccioline il vapore d’alcol, per poi strizzarla in un recipiente. Quindi di una cosa siamo certi, il primo distillato non si distinse per la nitidezza e la raffinatezza dei profumi. I risultati in termini di divertimento e rilassatezza conseguenti alla prima assunzione del liquido misterioso, premiarono tale primordiale tentativo che venne perfezionato nei periodi a venire. Questa leggenda, seppur interessante, appare in netto contrasto con le notizie certe che ci provengono dalla Grecia Antica e dal Medioevo Arabo che ci confermano come la distillazione, inizialmente avesse il solo scopo di creare fragranze cosmetiche.
Solo con il perfezionamento degli alambicchi, grazie al movimento alchemico arabo, e successivamente alla Scuola di Salerno, avremo i primi esempi di alcol commestibile e la conseguente codifica del procedimento di distillazione, in grado di eliminare teste e code, seppur in modo empirico e poco preciso. Tali alcoli, oltre che dannosi per la salute, sopratutto per il sistema epatico, veicolano anche odori sgradevoli al risultato finale. Tali imperfezioni del distillato saranno presenti per lungo tempo e determineranno la nascita delle aromatizzazioni con frutta e spezie, per coprire tali imperfezioni.
Il funzionamento dell’alambicco si può riassumere con un principio fisico per il quale le sostanze presenti in natura hanno diversi punti d’ebollizione e d’evaporazione.
L’alcol etilico, ad esempio, evapora ad una temperatura compresa fra i 78 e 78,4 gradi, pertanto quando nel liquido presente nella “pentola ” del nostro alambicco raggiungiamo questa temperatura, siamo quasi sicuri che nel collo di cigno transita vapore di alcol commestibile.
Queste sostanze, alcol e profumi da esso veicolati, evaporano dalla caldaia, si elevano lungo il corpo dell’alambicco e sono poi raffreddate con l’aiuto di una campana o un elmo al di sopra della stessa. I vapori sono veicolati da un “collo di cigno” all’interno di una serpentina che le riporta allo stato liquido. Lo stesso principio enunciato da Discoride per la produzione della pioggia…