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Le prime notizie in assoluto sulla distillazione provengono dalle civiltà mesopotamiche, collocabili nell’Iran e nel Pakistan e sono databili nel 500 a.C., ovviamente a causa degli alambicchi rudimentali e mancando le conoscenze di base per la separazione fra alcol etilico e metilico, la sua applicazione rimase relegata all’impiego in campo cosmetico, come solvente per l’estrazione dei principi attivi da fiori, piante e radici per la fabbricazione di profumi e unguenti.

 

La distillazione si diffuse anche in Cina, dove era presente una cultura millenaria molto evoluta, a tal proposito uno scritto di Aristotele, vissuto dal 384 al 322 a.c., ne conferma l’esistenza e presumibilmente da qui, giunse al bacino del Mediterraneo, tramite i commerci fiorenti dell’epoca.


Gli Egizi nel 150 a.c. adottarono un sistema per estrarre l’alcol, probabilmente da un fermentato di datteri, da utilizzare come solvente per gli unguenti e i profumi necessari per la mummificazione e la cosmetica. L’alambicco utilizzato è conosciuto come Crisopea di Cleopatra, dal nome del ricercatore che lo descrisse e che pare fosse lo zio della famosa regina.
I Greci, con Aezio, perfezionarono nel 400 d.c. un distillatore, mentre Ipazia, una donna dotata di supremo ingegno, custode della scienza pagana che faceva capo alla Biblioteca di Alessandria di Egitto, perfezionò nella sua prestigiosa scuola una vera e propria apparecchiatura per la distillazione.
A dimostrazione di quanto detto il termine alcool deriva dall’arabo “Al-Khul” ovvero “polvere impalpabile”, nome con il quale gli egiziani indicavano un ombretto che utilizzavano come maquillage. La cosa curiosa è che gli Arabi non utilizzarono questa parola per indicare l’alcol, preferendogli  il termine “Al Raki” che tradotto vuol dire “sudore”, ispirandosi alle goccioline che scaturiscono lentamente dal collo dell’alambicco.

 

La chiara paternità araba del processo viene ulteriormente confermata anche dal nome dato all’utensile utilizzato per la distillazione, con “Al-Ambiq” infatti si usa definiva un vaso conico di uso comune in cucina, ora più noto come Tajine.

Allo stesso modo viene dimostrato il fatto che gli arabi si ispirarono agli studi greci presenti nella Biblioteca di Alessandria, infatti, come detto, Discoride, secoli prima aveva coniato il termine “Ambix” per definire il vaso dove aveva effettuato il suo primo esperimento d’evaporazione e condensa dell’acqua.

La biblioteca d’Alessandria d’Egitto con le sue migliaia di testi di scienza e medicina ellenica fu il punto di riferimento del sapere dell’epoca e la dimostrazione della supremazia della ragione dell’uomo.
Fu questa la principale causa per la quale subì una prima distruzione nel 319 d.c., che vide ben 40.000 volumi dati alle fiamme, ad opera di cristiani fanatici che rinnegavano il potere della ragione pagana.
Fu definitivamente distrutta tre secoli dopo dagli arabi, che la vedevano come un pericoloso centro di sapere scientifico e pagano, in netta contrapposizione con la religione musulmana, basata, come il Cristianesimo, sulla presenza di un Dio supremo, creatore dell’Uomo, che la razionalità scientifica invece tende a negare.


È molto probabile che prima di distruggere la biblioteca gli Arabi, acuti commercianti, si siano impossessati d’alcuni libri trattanti la distillazione, in tal modo riuscirono negli anni a venire a perfezionare la tecnica, creando un moderno alambicco, che vide la luce intorno al 650 d.C..

I principali attori di questa scoperta furono gli arabi adepti del movimento filosofico denominato “Al Kimiya” (dal greco “Chimos” linfa , essenza) che traendo ispirazione dalla ricerca spirituale tesa alla purezza assoluta, alle origini della Creazione Divina, la trasposero alla fisica e alla ricerca scientifica.

 

Il pensiero filosofico si basava sull’osservazione degli Elementi primordiali della Natura che venivano individuati in Aria, Terra, Acqua e Fuoco i quali unendosi nella distillazione davano origine ad un liquido puro e trasparente in grado di avere qualità taumaturgiche prima sconosciute.

L’Aria era rappresentata dal vapore prodotto, la Terra dalla materia prima fermentata, ottenuta dalla coltivazione di essa, l’Acqua era il diluente indispensabile per il processo sia di fermentazione che di distillazione e il Fuoco era la fonte di calore.

Insieme generavano il quinto elemento, la quintessenza liberata dalla materia “solida” ed impura contenuta nell’alambicco.

I loro tentativi di purificare la materia, attraverso il processo di distillazione, inizialmente furono applicati alle rocce, per ottenere oro, dai metalli meno nobili.

Questi esperimenti vani  fecero evolvere in maniera determinate la conoscenza del processo di distillazione, che una volta applicato a liquidi fermentati e botanici, elevò questa pratica ad arte di rara maestria.

Ben presto gli i vani esperimenti di purificazione dei metalli lasciarono spazio alle ben più fruttuose distillazioni di essenze e profumi di cui gli Arabi sono tuttora maestri insuperati. Le prime notizie scritte che ci giungono in tal senso sono della codifica del processo di distillazione per ottenere dell’aromatica acqua di rose da parte di un’alchimista arabo.

 

L’invenzione del primo alambicco moderno, come noi lo conosciamo la si attribuisce ad adepto del movimento Al-Khimiya, il fisico Jabir Ibn Hayyan, che spese la sua vita alla ricerca della quinta essenza (il quinto elemento) dopo Aria, Acqua, Terra e Fuoco, indicati dal filosofo Empedocle come i principi fondamentali dell’Universo.

 

Il processo per l’ottenimento di alcol fu perfezionato grazie un altro fisico alchimista Al-Kindy che raggiunse gli standard qualitativi e le metodologie che saranno utilizzate dai futuri distillatori europei della Scuola di Salerno, con decine di testimonianze scritte su come ottenere essenze e profumi.

 

Altre due figure  importanti in questo movimento furono Avicenna, medico persiano e padre della medicina moderna e Rhazes, un luminare alchimista e farmacista erborista, scrittore di centinaia di trattati medici legati alla distillazione di sostanza medicamentose e di alcol con cui ottenerle.

Entrambi sono conoscitori dei testi greci che hanno portato al perfezionamento del processo di distillazione e sono grandi studiosi dei trattati medici erboristici di Galeno e Ippocrate.


Ma il cambiamento epocale nella distillazione si avrà con Maometto.

Egli nacque nel 570 d.c., e proibì, come sappiamo, l’uso dell’alcol presso le sue popolazioni (vedi paragrafo dedicato al vino per la storia su questo episodio storico), ma questo non impedì a queste due figure di sviluppare le conoscenze legate alla distillazione e al suo utilizzo per la preparazione di rimedi legati alla farmacopea e all’erboristeria.
Maometto, uomo illuminato, non proibì l’uso medico e tali preparati continuarono ad essere utilizzati all’interno degli ospedali della capitale Baghdad, al tempo fra i più importanti al mondo per la cura di ogni malattia. L’esercizio giornaliero delle pratiche mediche permetterà ai due luminari di accumulare un sapere infinito che sarà alla base della pratica alchemica e poi liquoristica del mondo occidentale.

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